VIOLAZIONE DEGLI OBBLIGHI DI ASSISTENZA FAMILIARE
Violenza degli obblighi di assistenza familiare e assegno di mantenimento: il dovere legale della cura familiare
Nel cuore delle questioni legali familiari, si trova il delicato equilibrio dei doveri e delle responsabilità tra i membri di una famiglia. L’assistenza familiare e l’assegno di mantenimento rappresentano due aspetti fondamentali, regolamentati sia dal codice civile che da quello penale, al fine di garantire il benessere dei membri più vulnerabili di una famiglia: i figli minori.
Lo Studio Legale Calvello, profondamente impegnato nel fornire assistenza e supporto legale in materia di diritto familiare, desidera esaminare da vicino un importante precedente giuridico che riguarda la violazione degli obblighi di assistenza familiare, delineato nella sentenza n. 11195 del 23 marzo 2021 della Corte di Cassazione penale.
L’obbligo di assistenza familiare sorge dal matrimonio e dal rapporto genitori-figli, come stabilito nel codice civile. Questi doveri includono la provvidenza materiale e morale, l’istruzione, l’educazione e l’assistenza dei figli, tenendo conto delle loro capacità e necessità specifiche.
Il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare è regolato dall’articolo 570 del codice penale, che stabilisce pene per coloro che trascurano i loro doveri familiari, inclusa la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento. Inoltre, l’articolo 570-bis affronta specificamente le violazioni degli obblighi economici nei casi di separazione o divorzio.
Nel caso specifico esaminato dalla Corte di Cassazione, il ricorrente è stato condannato per non aver versato l’assegno di mantenimento ai suoi tre figli minori, nonostante gli accordi di separazione lo obbligassero a farlo. Il tribunale ha confermato la sentenza di colpevolezza, riconoscendo la natura essenziale dell’assegno di mantenimento nel garantire il sostentamento dei figli minori.
Il ricorrente ha cercato di giustificare il suo comportamento omettendo il pagamento dell’assegno di mantenimento citando varie ragioni, comprese difficoltà economiche e il sostegno fornito dai genitori della sua ex moglie. Tuttavia, la Corte ha respinto tali argomentazioni, sottolineando che l’incapacità economica dell’obbligato deve essere assoluta e oggettiva, e che la minore età dei figli costituisce di per sé una condizione di bisogno che richiede assistenza finanziaria.
L’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento non può essere sostituito da iniziative occasionali di assistenza materiale, poiché tali azioni non compensano il mancato versamento dell’assegno su cui l’altro genitore ha il diritto di fare affidamento per garantire le necessità primarie dei figli minori.
Articolo 570 Codice Penale – Violazione degli obblighi di assistenza familiare
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge [143, 146], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [2] o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75] di età minore [2], ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
Spiegazione dell’art. 570 Codice Penale
Il capo IV del titolo XI, avente ad oggetto i delitti contro l’assistenza familiare, sono contraddistinti dal fatto che l’offesa viene originata all’interno del gruppo familiare.
La norma in esame è diretta a tutelare le esigenze economiche ed assistenziali dei familiari, venendo in rilievo i singoli rapporti tra i membri della famiglia.
Trattasi di reato proprio, in quanto può essere commesso solo da un membro della famiglia in capo al quale sussistano obblighi di assistenza familiare.
Quanto a tale aspetto, va subito precisato che una eventuale controversia sulla validità del vincolo matrimoniale non costituisce questione pregiudiziale rispetto all’accertamento del delitto e dunque, finché non intervenga una sentenza di invalidità del matrimonio, ciascun coniuge è vincolato alla sua condizione.
La separazione personale fa cessare alcuni obblighi di assistenza morale nei confronti dell’altro coniuge, legati alla coabitazione che, per via della separazione, viene meno.
Sul coniuge divorziato, invece, non incombe alcun obbligo penalmente sanzionabile di assistenza materiale e morale a favore dell’altro coniuge, se non l’eventuale obbligazione civile relativa all’assegno divorzile.
Perché la condotta assuma rilevanza penale, è necessaria, oltre al vincolo parentale, anche la convivenza, elemento necessario del reato, caratterizzato da un vincolo stabile e duraturo.
Il primo comportamento sanzionato è l’abbandono della casa familiare, sottraendosi ai propri obblighi di assistenza. Tale sottrazione costituisce evento del reato ed assume rilievo allorquando determini un inadempimento degli obblighi di assistenza materiale o morale, con la precisazione che l’adempimento di uno dei due obblighi non esclude la rilevanza penale dell’inadempimento dell’altro tipo di obbligo. In tal guisa, la perdurante somministrazione di mezzi di sussistenza economica non impedisce la configurazione del reato, quando vi sia un totale abbandono morale, volto a non rendere possibile un’evoluzione completa ed equilibrata del minore. Ad ogni modo l’ambito applicativo della norma va limitato a quelle condotte che esprimano una significativa ed apprezzabile compromissione delle esigenze del minore.
La seconda condotta consiste nello sperperare i beni del figlio minore o del coniuge, considerata più grave in quanto lesiva anche di interessi di natura patrimoniale.
Presupposto del reato è l’effettiva disponibilità dei beni da parte del soggetto agente. Pertanto, in regime di comunione dei beni, la norma è applicabile al coniuge che disponga del patrimonio senza il consenso dell’altro. In regime di separazione dei beni il delitto si configura in caso di violazione del mandato generico di amministrare i beni conferito dall’altro coniuge. Per quanto concerne i beni del figlio, è necessaria l’effettiva amministrazione del suo patrimonio.
La terza condotta consiste invece nel far mancare i mezzi di sussistenza, intendendosi con tale nozione tutti i mezzi economici indispensabili per il mantenimento di una vita dignitosa. Requisito fondamentale è inoltre lo stato di bisogno, a prescindere dal fatto che alla sussistenza della prole abbia provveduto o possa provvedere l’altro coniuge. Tuttavia, il reato non è configurabile nei confronti di chi si trovi nell’incapacità patrimoniale di adempiere alle proprie obbligazioni assistenziali. Tale indigenza va comunque rigorosamente provata.
Il reato richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di venir meno ai propri obblighi assistenziali.
La giurisprudenza ha chiarito che l’omessa somministrazione di mezzi di sussistenza di cui al comma 2 nei confronti di più familiari configura una pluralità di reati, data la pluralità di persone offese, oggetto specifico di tutela.
Nel caso invece di abbandono della casa familiare, il bene giuridico tutelato è la famiglia in sé considerata, e pertanto non si avrà pluralità di reati nei confronti di ogni membro della famiglia.
Da ultimo, la giurisprudenza ha sancito la completa autonomia tra la norma in esame ed il reato di cui all’articolo 12 sexies L. 898/1970, dato che la disposizione speciale non richiede lo stato di bisogno, oltre al fatto che presuppone una sentenza di divorzio ed una statuizione del giudice sull’assegno di mantenimento.
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