ASSEGNO UNA TANTUM
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Assegno una tantum – Corresponsione in unica soluzione – Sopravvivenza ulteriori diritti – Esclusione
La corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione su accordo tra le parti, soggetto a verifica giudiziale, esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, a contenuto patrimoniale o meno, nei confronti dell’altro coniuge, attesa la cessazione, per effetto del divorzio e della suddetta erogazione “una tantum”, di qualsiasi rapporto fra gli stessi, con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione può essere richiesta, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche dell’assegnatario o, comunque, per la sopravvenienza dei giustificati motivi cui è subordinata l’ammissibilità della domanda. (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-03-2012, n. 3635)
CAPACITA’ LAVORATIVA DEL CONIUGE
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Ex coniuge – Capacità lavorativa e di guadagno
L’assegno di divorzio a favore della ex coniuge, sebbene attualmente priva di reddito e impossidente, deve essere liquidato tenendo conto della sua capacità lavorativa, anche potenziale derivante da specifica qualifica professionale. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-03-2012, n. 4571)
DECORRENZA DELL’ASSEGNO
Divorzio – Effetti civili – Cessazione – Mantenimento – Condizioni economiche – Valutazione
L’assegno divorzile decorre dalla sentenza non definitiva del giudizio, secondo quanto statuito dalla L. divorzio, art. 5 (la medesima norma stabilisce la possibilità per il giudice di far decorrere l’assegno dalla domanda, e quindi da un periodo anteriore). Invero, il trascorrere del tempo durante il giudizio di divorzio non può gravare sull’avente diritto. (Nel caso preso in esame dalla Corte, fin dalla separazione e successivamente all’atto della domanda di divorzio e a quello della sentenza non definiva, sussisteva una notevole disparità di posizioni economiche tra i coniugi). (Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-01-2014, n. 1163)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Decorrenza dell’assegno divorzile
L’assegno di divorzio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva, decorre dal passaggio in giudicato della statuizione di risoluzione del vincolo coniugale. A tale principio ha introdotto un temperamento la L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 4, comma 10, conferendo al giudice il potere di disporre, in relazione alle circostanze del caso concreto, ed anche in assenza di specifica richiesta, la decorrenza dello stesso assegno dalla data della domanda di divorzio: peraltro il giudice, ove si avvalga di tale potere, è tenuto a motivare adeguatamente la propria decisione. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-03-2013, n. 7295)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Decorrenza dell’assegno divorzile
In tema di determinazione dell’assegno divorzile, ove il giudice di merito non ne fissi la decorrenza dalla data della domanda avvalendosi della facoltà sancita dall’art. 4 comma 10, della legge n. 898/1970, esso spetta dalla data della sentenza che ha pronunciato lo scioglimento del matrimonio, trovando la propria fonte nel nuovo status delle parti, rispetto al quale la pronuncia del giudice ha efficacia costitutiva. Nell’ipotesi tuttavia in cui le condizioni per l’attribuzione dell’assegno siano maturate in un momento successivo al passaggio in giudicato della statuizione attributiva del nuovo status, la decorrenza di esso non può che essere fissata da tale momento, a condizione che il giudice motivi adeguatamente la propria decisione al riguardo. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 18-06-2009, n. 14214)
RAPPORTO CON L’ASSEGNO DI SEPARAZIONE
Separazione e divorzio – Assegno di divorzio – Presupposti – Mancanza di mezzi adeguati – Conservazione del tenore di vita analogo a quello del matrimonio
L’accertamento del diritto all’assegno divorzile va effettuato verificando l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto. A tal fine, il tenore di vita precedente deve desumersi dalle potenzialità economiche dei coniugi, ossia dall’ammontare complessivo dei loro redditi e dalle loro disponibilità patrimoniali, laddove anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi. (Cass. civ. Sez. I, 15/05/2013, n. 11686)
Separazione e divorzio – Assegno di separazione e divorzio – Presupposti – Differenza tra assegno di separazione e quello divorzile – Determinazione
La determinazione dell’assegno di divorzio, alla stregua della L. n. 898 del 1970, art. 5, è indipendente dalle statuizioni patrimoniali operanti, per accordo tra le parti e in virtù di decisione giudiziale, in vigenza di separazione dei coniugi, poichè, data la diversità delle discipline sostanziali, della natura, struttura e finalità dei relativi trattamenti, correlate diversificate situazioni, e delle rispettive decisioni giudiziali, l’assegno divorzile, presupponendo lo scioglimento del matrimonio, prescinde dagli obblighi di mantenimento e di alimenti, operanti nel regime di convivenza e di separazione, e costituisce effetto diretto della pronuncia di divorzio, con la conseguenza che l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare mero indice di riferimento nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione (Cass. 2001/11575; 2007/25010), essendo in ogni caso compito del giudice del merito procedere alla comparazione delle attuali condizioni economiche delle parti con il pregresso tenore di vita coniugale.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-12-2008, n. 28741)
INDAGINI SUI REDDITI E PATRIMONI
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Indagini sui redditi e patrimoni – Indagini a mezzo della polizia tributaria
Anche in materia di separazione personale dei coniugi deve ritenersi applicabile in via analogica l’art. 5, nono comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, il quale prevede, in caso di contestazioni sull’effettivo tenore di vita dei coniugi, la facoltà del tribunale di avvalersi della polizia tributaria; facoltà che, peraltro, rientra nella discrezionalità del giudice di merito il quale non è tenuto ad avvalersene ove ritenga provata compiutamente aliunde la situazione patrimoniale ed economica delle parti, tanto più che ai fini della quantificazione dell’assegno di mantenimento non è necessaria la determinazione dell’esatto importo dei redditi posseduti attraverso rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente un’attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-06-2009, n. 14081)
PRESUPPOSTI AI FINI DELL’ATTRIBUZIONE DELL’ASSEGNO
Divorzio – Assegno – Carattere – Accordo transattivo tra i coniugi
L’assegno periodico di divorzio, ha carattere esclusivamente assistenziale, giacché la sua attribuzione trova presupposto nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante, da intendersi come insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali ed altre utilità di cui possa disporre, a conservargli un tenore di vita analogo quello tenuto in costanza di matrimonio. Non è, dunque, richiesto uno stato di bisogno, rilevando invece l’apprezzabile deterioramento, in dipendenza del divorzio, delle precedenti condizioni economiche che devono essere tendenzialmente ripristinate. A fronte della sussistenza di tale presupposto, la liquidazione dell’assegno deve essere effettuata in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri normativi. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-11-2013, n. 26491)
Separazione e divorzio – Assegno di divorzio – Presupposti – Inadeguatezza dei mezzi a disposizione del richiedente – Condizioni – Imputabilità delle circostanze che hanno condotto il richiedente allo stato di ristrettezza – Irrilevanza.
Costituiscono presupposto per il riconoscimento dell’assegno di divorzio l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive. Tale inadeguatezza, peraltro, deve essere intesa non come stato di bisogno, bensì come insufficienza delle sostanze e dei redditi di cui il richiedente dispone ad assicurargli la conservazione di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio. L’esigenza che l’indisponibilità di mezzi economici adeguati sia ricollegabile a ragioni obiettive non giustifica poi il bilanciamento compiuto dalla Corte territoriale tra lo stato di bisogno e la colpa della richiedente, non occorrendo, ai fini dell’attribuzione dell’assegno, un’indagine in ordine all’imputabilità delle circostanze che hanno condotto il coniuge istante al presente stato di ristrettezza economica, ma solo una valutazione in ordine alla sua attuale capacità di procurarsi ulteriori risorse, al fine di stabilire se l’inadeguatezza dei mezzi di cui dispone sia dovuta ad una sua colpevole inerzia. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-07-2013, n. 16597)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione
In relazione alla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e successive modifiche è liquidabile a favore di uno dei coniugi un assegno di divorzio nel caso in cui la situazione degli stessi sia analogamente disagiata e sussista una minima differenza di reddito (Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-04-2012, n. 5646)
QUANTIFICAZIONE DELL’ASSEGNO
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Determinazione – Assenza di uno specifico riferimento ai redditi e coniugi e al loro tenore di vita in costanza del matrimonio – Irrilevanza – Condizioni
L’affermazione della natura assistenziale dell’assegno trova riscontro nel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ricollega tale carattere alla disciplina dettata dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, la quale individua, quale presupposto per il riconoscimento di tale contributo, l’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive. Tali criteri sono stati correttamente applicati dalla Corte d’Appello, la quale ha posto a confronto la precarietà della situazione occupazionale della moglie con la posizione economica, indubbiamente più agiata, connessa all’attività libero- professionale esercitata dal marito, concludendo pertanto per la configurabilità di un apprezzabile deterioramento delle condizioni economiche dell’intimata, in conseguenza dello scioglimento del matrimonio, tale da giustificare l’imposizione a carico del ricorrente dell’obbligo di corrispondere un contributo volto a ristabilire l’equilibrio tra le parti. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-07-2013, n. 16597)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Determinazione – Durata del matrimonio – Incidenza – Limiti – Fondamento
In materia di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell’assegno previsto dall’art. 5 della legge n. 898 del 1970, ma non anche – salvo casi eccezionali in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi – sul riconoscimento dell’assegno stesso, assolvendo quest’ultimo ad una finalità di tutela del coniuge economicamente più debole. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-03-2013, n. 7295)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Determinazione
La valutazione delle condizioni economiche delle parti non richiede la determinazione dell’esatto importo dei redditi posseduti attraverso l’acquisizione di dati numerici o rigorose analisi contabili e finanziarie, essendo sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi, e secondo cui, anche se la congruità dell’assegno di divorzio ad assicurare al coniuge il mantenimento del tenore di vita goduto durante il matrimonio deve essere valutata alla luce della L. n. 898 del 1970, art. 5 tuttavia, anche l’assetto economico relativo alla separazione può rappresentare un valido indice di riferimento, nella misura in cui appaia idoneo a fornire utili elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio e alle condizioni economiche dei coniugi. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-01-2010, n. 2161)
RILEVANZA DELLA CONVIVENZA MORE UXORIO SULL’ASSEGNO
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Nuova convivenza more uxorio dell’ex coniuge beneficiario – Rilevanza – Sussiste
La convivenza more uxorio del coniuge, destinatario dell’assegno, stabile e duratura, tale da aver dato vita ad una vera e propria famiglia di fatto, eventualmente caratterizzata dalla nascita di figli è suscettibile di rendere inoperante o comunque di produrre una sospensione dell’assegno divorzile. (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ordinanza, 26-02-2014, n. 4539)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Nuova convivenza more uxorio del coniuge beneficiario con altra persona – Conseguenze – Quiescenza del diritto – Sussiste
In tema di diritto alla corresponsione dell’assegno di divorzio in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il parametro dell’adeguatezza dei mezzi rispetto al tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale da uno dei coniugi, viene meno di fronte alla instaurazione, da parte di questi, di una famiglia, ancorché di fatto; la conseguente cessazione del diritto all’assegno divorzile, a carico dell’altro coniuge, non è però definitiva, potendo la nuova convivenza anche interrompersi, con reviviscenza del diritto all’assegno divorzile, nel frattempo rimasto in uno stato di quiescenza. (Cass. civ. Sez. I, 11/08/2011, n. 17195)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Nuova convivenza more uxorio del coniuge beneficiario con altra persona – Rilevanza ai fini della (ri)determinazione dell’assegno
Il carattere precario del rapporto di convivenza more-uxorio, destinato ad influire solo su quella parte dell’assegno volto ad assicurare quelle minime condizioni di autonomia giuridicamente garantite e tutelate dal disposto normativo di cui alla legge n. 898 del 1970 finché l’avente diritto non contrae nuovo matrimonio, consente per questo di considerare gli eventuali benefici economici che ne derivano idonei ad incidere unicamente sul quantum delle somme dovute e non già sul diritto alla spettanza o meno delle medesime. Anche la nascita di un figlio nell’ambito di un rapporto di convivenza, caratterizzato da precarietà e privo di tutela giuridica nei confronti del soggetto economicamente più debole, non costituisce evento idoneo ad incidere, sotto il profilo giuridico, sulla natura della convivenza, potendo unicamente cementare l’unione, ma non certo dar luogo alla insorgenza di diritti ed obblighi in quanto il soggetto economicamente più debole non acquisisce quel grado di tutela necessario a giustificare la perdita dei diritti di carattere economico derivanti dal matrimonio.
TENORE DI VITA
Divorzio – Effetti civili – Cessazione – mantenimento – Condizioni economiche – Valutazione
L’assegno deve tendere alla ricostituzione, per il coniuge avente diritto, del tenore di vita da lui goduto in costanza di convivenza matrimoniale. E indice di tale tenore di vita può essere l’attuale disparità economica tra i coniugi salvo prova contraria. La condizione economica delle parti rileva ulteriormente, insieme ad altri elementi, ai fini della quantificazione dell’assegno. E al riguardo si considera necessariamente tale condizione al momento della domanda di divorzio, quale ulteriore espressione della capacità economica delle parti e della solidarietà coniugale, tanto più quando, l’elevazione del reddito attenga a sviluppi connessi e prevedibili dell’attività lavorativa e professionale. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-01-2014, n. 1163)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Tenore di vita – Accertamento – Stile e tenore di vita – Distinzione
Al fine dell’accertamento del diritto all’assegno divorzile, non bisogna confondere lo stile con il tenore di vita. Anche in presenza di rilevanti potenzialità economiche un regime familiare può essere infatti improntato a uno stile di “understatement” o di rigore ma questa costituisce una scelta che non può annullare le potenzialità di una condizione economica molto agiata. Vi è poi da considerare la rilevanza delle aspettative che una convivenza con un coniuge possessore di un rilevante patrimonio immobiliare legittimamente determina nell’altro coniuge anche se tale aspettativa può non materializzarsi in un vistoso cambiamento di stile di vita quantomeno in un determinato periodo della convivenza. Aspettative che incidono nella configurazione di un tenore di vita proprio del matrimonio. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-10-2013, n. 23442)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Condizioni patrimoniali dell’ex coniuge onerato – Premio occasionale – Mantenimento – Riconoscimento
Ai fini della quantificazione del diritto all’assegno divorzile, non è precluso al giudice di considerare i miglioramenti economici del coniuge obbligato, pur non costituenti naturale e prevedibile sviluppo dell’attività svolta durante la convivenza, qualora essi vengano presi in esame non per individuare il tenore di vita dei coniugi cui ragguagliare l’assegno, ma per valutare se le condizioni patrimoniali dell’obbligato consentano di corrispondere l’assegno divorzile, determinato pur sempre in relazione al tenore di vita dai coniugi goduto durante il matrimonio.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-03-2012, n. 3914)
GARANZIE A TUTELA DELL’ASSEGNO
Separazione e divorzio – Garanzie a tutela dell’assegno di mantenimento coniugale e divorzile – L’assegno divorzile –Terzi obbligati al pagamento diretto del coniuge titolare di assegno divorzile
Nella nozione di terzo tenuto a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge titolare di assegno divorzile vanno compresi gli enti che erogano trattamenti pensionistici, poiché nell’art. 8, sesto comma, della legge 1 dicembre 1970 n. 898, non vi è, al riguardo, un’espressa limitazione ai crediti retributivi, mentre, con il richiamo dell’art. 1, primo comma, del d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, si fa menzione anche dei soggetti che corrispondo pensioni, indennità, sussidi e compensi di qualsiasi specie, non essendovi, pertanto, alcuna ragione per escludere i crediti pensionistici. (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 28-11-2011, n. 25043)
ASSEGNO DI DIVORZIO: DIRITTO INDISPONIBILE
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Revisione – Dichiarazione di rinuncia alla revisione dell’assegno – Illiceità della causa – Nullità
La L. n. 898 del 1970, art. 9, come modificato dalla L. n. 74 del 1987, art. 13, inoltre, nel consentire in ogni tempo la revisione delle condizioni di divorzio, rende evidente che in tale ambito il giudicato è sempre “rebus sic stantibus”, ossia modificabile in caso di successive variazioni di fatto. Anche la dichiarazione negoziale con cui un ex coniuge si impegna a non mettere in discussione le disposizioni contenute nella sentenza di divorzio attributive dell’assegno a favore dell’altro, ove intesa quale rinuncia del diritto di revisione, è nulla per illiceità della causa di un tale tipo di abdicazione poichè interferente sul diritto indisponibile all’assegno di divorzio, di carattere assistenziale, ed inerente a materia nella quale le decisioni del giudice, collegate anche ad interessi di ordine generale, sono svincolate dal potere dispositivo dei contendenti. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-11-2010, n. 22505)
PENSIONE DI REVERSIBILITA’
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Ripartizione tra coniuge superstite ed ex coniuge – Durata del rapporto matrimoniale
In relazione alla ripartizione del trattamento di reversibilità in caso di concorso tra il coniuge superstite ed il coniuge divorziato, aventi entrambi i requisiti per la relativa pensione, e specificamente indicando che tale ripartizione deve essere effettuata, oltre che sulla base del criterio della durata del rapporto matrimoniale (ossia del dato numerico rappresentato dalla proporzione fra le estensioni temporali dei rapporti matrimoniali degli stessi coniugi con l’ex coniuge deceduto) anche ponderando ulteriori elementi, correlati alle finalità che presiedono al diritto di reversibilità, da utilizzare eventualmente quali correttivi del criterio temporale; fra tali elementi, da individuarsi nell’ambito della legge n. 898/1970 (Divorzio), art.5, specifico rilievo assumono l’ammontare dell’assegno goduto dal coniuge divorziato prima del decesso dell’ex coniuge, nonché le condizioni dei soggetti coinvolti nella vicenda, e in quest’ottica, e al solo fine di evitare che l’ex coniuge sia privato dei mezzi indispensabili per mantenere il tenore di vita che gli avrebbe dovuto assicurare nel tempo l’assegno di divorzio, ed il secondo coniuge il tenore di vita che il de cuius gli aveva assicurato in vita, anche l’esistenza di un periodo di convivenza prematrimoniale del secondo coniuge potrà essere considerata dal Giudice del merito quale elemento da apprezzare per una più compiuta valutazione delle situazioni. (Cass. civ. Sez. I, 10/05/2013, n. 11226)
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Diritti dell’ex coniuge e del coniuge separato
L’art. 9 della L. 898/1970 dispone che “qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal Tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui all’art. 5….”. Essendo insorti contrasti in giurisprudenza circa l’interpretazione da dare alla formulazione della richiamata disposizione, la L. 28 dicembre 2005, n. 263, all’art. 5, comma 1, li ha risolti con una norma interpretativa disponendo al riguardo che “per titolarità dell’assegno ai sensi dell’art. 5 deve intendersi l’avvenuto riconoscimento dell’assegno medesimo da parte del tribunale ai sensi del predetto art. 5 della citata L. n. 898 del 1970”. Detta norma interpretativa è stata emanata in aderenza a quanto già statuito dalle Sezioni unite di questa Corte sin dalla sentenza n. 5939 del 1991 e dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 87 del 1995, con la quale era stata dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 898 del 1970, art. 9, comma 2, nel testo di cui alla L. n. 74 del 1987, nella parte in cui condiziona il diritto alla pensione di reversibilità alla titolarità di un assegno attribuito giudizialmente ai sensi dell’art. 5 e non anche alla titolarità di un assegno attribuito convenzionalmente. Successivamente la giurisprudenza di questa Corte si è consolidata nel senso, già da tempo ampiamente prevalente, che il diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità, o a una quota di essa in caso di concorso con il coniuge superstite, presuppone che il richiedente, al momento della morte dell’ex coniugo, sia titolare di un assegno di divorzio giudizialmente riconosciuto ai sensi dell’art. 5 della legge predetta, non essendo sufficiente che egli versi nelle condizioni per ottenerlo, e neppure che in via di fatto, o per effetto di private convenzioni intercorse fra le parti, abbia ricevuto regolari elargizioni economiche dall’ex coniuge. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-04-2013, n. 9660)
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Ripartizione tra coniuge superstite ed ex coniuge – Obblighi – Verso l’altro coniuge
La ripartizione del trattamento di reversibilità tra il coniuge divorziato, titolare di assegno divorzile, e quello superstite, va fatto, oltre che sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, coincidente con la durata legale degli stessi, anche considerando ulteriori elementi in vario modo collegati alle finalità solidaristiche proprie del trattamento di reversibilità: entità dell’assegno divorzile, condizioni economiche delle parti, durata delle rispettive convivenze; ma non tutti gli elementi devono necessariamente concorrere ed essere valutati in egual misura, rientrando nell’ambito dell’apprezzamento del giudice di merito la determinazione concreta della loro rilevanza. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-06-2012, n. 10177)
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Assegno una tantum – Decesso dell’obbligato – Pensione dell’obbligato
La corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione su accordo tra le parti, soggetto a verifica giudiziale, esclude la sopravvivenza, in capo al coniuge beneficiario, di qualsiasi ulteriore diritto, a contenuto patrimoniale o meno, nei confronti dell’altro coniuge, attesa la cessazione, per effetto del divorzio e della suddetta erogazione “una tantum”, di qualsiasi rapporto fra gli stessi, con la conseguenza che nessuna ulteriore prestazione può essere richiesta, neppure per il peggioramento delle condizioni economiche dell’assegnatario o, comunque, per la sopravvenienza dei giustificati motivi cui è subordinata l’ammissibilità della domanda di revisione del medesimo assegno periodico. (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 08-03-2012, n. 3635)
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Assegno una tantum – Diritto dell’ex coniuge
In tema di divorzio e con riguardo al trattamento economico del coniuge divorziato in caso di morte dell’ex coniuge, l’accordo intervenuto tra i coniugi in ordine all’attribuzione dell’usufrutto sulla casa coniugale a titolo di corresponsione dell’assegno di divorzio in unica soluzione, a norma dell’art. 5, comma 8, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, è idoneo a configurare la titolarità di detto assegno, alla stregua del principio della riconduzione ad assegno divorzile di tutte le attribuzioni operate in sede od a seguito di scioglimento del vincolo coniugale, dalle quali il beneficiario ritrae utilità espressive della natura solidaristico-assistenziale dell’istituto; ne consegue che tale costituzione di usufrutto soddisfa il requisito della previa titolarità di assegno prescritto dall’art. 5 della legge ai fini dell’accesso alla pensione di reversibilità, o, in concorso con il coniuge superstite, alla sua ripartizione. (Cass. civ. Sez. I, 28-05-2010, n. 13108)
Separazione e divorzio – Diritto del coniuge divorziato alla pensione di reversibilità – Aspetti processuali – Provvedimenti del giudice civile
La decisione giudiziale riguardante la ripartizione della pensione di reversibilità tra l’ex coniuge divorziato e il coniuge superstite al momento del decesso deve essere resa, ai sensi dell’art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, nel testo vigente, con sentenza. Ne consegue che il provvedimento assunto dal giudice di secondo grado con decreto conserva la natura e il valore di sentenza, e può essere impugnato con ricorso per cassazione per vizi motivazionali, ex art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., anche prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 09-04-2009, n. 8734)
REVISIONE DELL’ASSEGNO
Separazione e divorzio – Determinazione dell’assegno divorzile – Beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione – Rilevanza
Nella determinazione dell’assegno divorzile, i beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione, ancorché non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possono tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge onerato. D’altra parte l’assetto economico relativo alla separazione può solo eventualmente e ove se ne ravvisi l’utilità, rappresentare un indice di riferimento per fornire elementi di valutazione relativi al tenore di vita goduto durante il matrimonio ed alle condizioni economiche dei coniugi, nella specie dai giudici d’appello esaustivamente desunti aliunde. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-01-2014, n. 932)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione – Revisione – Natura dell’assegno e presupposti
L’art. 9, legge n. 898 del 1970, che consente la revisione delle condizioni di divorzio relative, tra l’altro, ai rapporti economici per sopravvenienza di “giustificati motivi”, può essere legittimamente applicata, in difetto di espresse distinzioni, anche all’ipotesi in cui l’assegno divorzile sia stato originariamente negato o non abbia costituito oggetto di richiesta al momento della pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. (Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 07/01/2014, n. 108)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Revoca e revisione – Esecutività immediata – Sussistenza
In materia di revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli e di quelle relative alla misura e alle modalità dei contributi da corrispondere a seguito dello scioglimento e della cessazione degli effetti civili del matrimonio, a norma dell’art. 9 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, il decreto pronunciato dal tribunale è immediatamente esecutivo, in conformità di una regola più generale, desumibile dall’art. 4 della stessa legge, che è incompatibile con l’art. 741 cod. proc. civ. in tema di procedimenti camerali, il quale subordina l’efficacia esecutiva al decorso del termine per la proposizione del reclamo. (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 26-04-2013, n. 10064)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Revisione – Giustificati motivi – Nuovi oneri familiari dell’obbligato
In tema di determinazione dell’assegno di divorzio, il giudice deve tener conto dei sopravvenuti oneri familiari dell’obbligato, nei confronti del nuovo nucleo familiare da lui costituito, sempre che ne derivi un effettivo depauperamento delle sue sostanze in vista di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti, salvo che la complessiva situazione patrimoniale dell’obbligato sia di tale consistenza da rendere irrilevanti i nuovi oneri. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-03-2012, n. 4551)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Revisione – Eredità – Conservazione tenore di vita
Trova fondamento su argomentazioni immuni da vizi logici la pronuncia dei Giudici di appello che, nel riformare la sentenza resa dal Giudice di prime cure, riconosca al coniuge richiedente il diritto all’assegno divorzile, avente fondamento sulla significativa riscontrata sproporzione fra i redditi delle parti, anche in seguito ai rilevati mutamenti fattuali dedotti dall’obbligato quali la sopravvenuta di una eredità. In circostanze siffatte, la valutazione di merito, qualora contrastata unicamente sotto il profilo di una difforme interpretazione del materiale probatorio acquisito in atti, è insindacabile in sede di legittimità. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-11-2011, n. 23776)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Decorrenza – Revisione dell’assegno di mantenimento
In tema di assegno divorzile, deve respingersi un automatismo tra gli incrementi di reddito dell’ex coniuge, che si configurano come ragionevole sviluppo di situazioni presenti al momento del divorzio e rapportabili all’attività svolta o al tipo di qualificazione professionale del beneficiario, e l’attribuzione del beneficio in questione: i suddetti incrementi, pur rivestendo valenza nell’accertamento del diritto alla revisione, non ne comportano di per sé soli il riconoscimento, dovendosi in ogni caso valutare, sulla base di un esame complessivo della fattispecie concreta, se siano suscettibili di assumere rilievo alla stregua del criterio legislativo della esistenza di giustificati motivi di riconoscimento dell’assegno originariamente non richiesto. (Cass. civ. Sez. I Ordinanza, 15/01/2010, n. 553)
Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Revisione – Natura dell’assegno e presupposti
In materia di revisione dell’assegno di divorzio, il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di divorzio, conservano la loro efficacia, sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, in base ai principi generali relativi all’autorità, intangibilità e stabilità, per quanto temporalmente limitata (“rebus sic stantibus”), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza anticipata al momento dell’accadimento innovativo, rispetto alla data della domanda di modificazione. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-05-2009, n. 11913)
CALCOLO DELLA QUOTA DI T.F.R.
Separazione e divorzio – Diritto dell’ex coniuge alla quota di indennità di fine rapporto – Calcolo della quota di T.F.R. – Effetti di ordine patrimoniale – Indennità di fine rapporto
In materia di determinazione della quota di indennità di buonuscita, cui ha diritto il coniuge, nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, se non passato a nuove nozze, la base su cui calcolare la percentuale della L. n. 898 del 1970, ex art. 12 “bis”, comma 1, è costituita dall’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro. Ne deriva, in base al coordinamento tra il primo ed il secondo comma dell’articolo citato, che l’indennità dovuta deve computarsi calcolando il 40 per cento (percentuale prevista dal comma 2), dell’indennità totale percepita alla fine del rapporto di lavoro, con riferimento agli anni in cui il rapporto di lavoro coincise con il rapporto matrimoniale; risultato che si ottiene dividendo l’indennità percepita per il numero degli anni di durata del rapporto di lavoro, moltiplicando il risultato per il numero degli anni in cui il rapporto di lavoro sia coinciso con il rapporto matrimoniale e calcolando il 40 per cento su tale importo (cfr. anche Sez. 1, n. 15299/2007) (Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-01-2012, n. 1348)
DURATA DEL MATRIMONIO
Separazione e divorzio – Diritto dell’ex coniuge alla quota di indennità di fine rapporto – Durata del matrimonio – Effetti di ordine patrimoniale – Indennità di fine rapporto
Ai fini della determinazione della quota dell’indennità di fine rapporto spettante, ai sensi della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 12-bis, all’ex coniuge, il legislatore si è ancorato ad un dato giuridicamente certo ed irreversibile quale la durata del matrimonio, piuttosto che ad un elemento incerto e precario come la cessazione della convivenza, escludendo, pertanto, anche qualsiasi rilevanza della convivenza di fatto che abbia preceduto le nuove nozze del coniuge divorziato titolare del trattamento di fine rapporto. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-01-2012, n. 1348)
MOMENTO IN CUI MATURA IL T.F.R.
Separazione e divorzio – Diritto dell’ex coniuge alla quota di indennità di fine rapporto – Momento in cui matura il T.F.R. – Coniuge titolare di assegno divorzile non passato a nuove nozze
Sussiste diritto “anche” se l’indennità venga a maturare dopo la sentenza e ciò significa che essa potrebbe pure maturare prima. Escluso che sussista diritto se il lavoratore avesse riscosso l’indennità durante la convivenza familiare, neppure esso sorge durante lo stato di separazione: legittimato alla domanda è il coniuge divorziato, non quello separato. Anteriormente alla separazione, è da ritenere che l’indennità, quale provento dell’attività separata del coniuge, rientrerebbe nella comunione dei beni (ove i coniugi avessero scelto il regime legale) ma solo allo scioglimento di questa (e dunque, tra l’altro, al momento della separazione personale, ai sensi dell’art. 191 c.c.). Si può dunque ritenere che l’indennità possa maturare nel corso del procedimento di divorzio o successivamente. E’ palese, per quanto si è detto, la volontà del legislatore di ricondurre il diritto alla quota di indennità a quello all’assegno divorzile che sorge, ove spettante, contestualmente alla domanda di divorzio, benchè esso venga determinato e risulti esigibile solo dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. E va pure ricordato l’art. 4, comma 10 Legge divorzio,in virtù del quale gli effetti patrimoniali del divorzio stesso possono retroagire al momento della domanda (al riguardo Cass. N. 21002 del 2008; n. 19046 del 2005). In tale prospettiva, l’evidente connessione tra la domanda di attribuzione di una quota del trattamento di fine rapporto e quella di assegno divorzile, giustifica la proposizione della prima nell’ambito del procedimento di divorzio, risultando contrario al principio di economia processuale esigere che, nel caso di liquidazione dell’indennità, la domanda di attribuzione della quota debba proporsi mediante un giudizio autonomo tra le stesse parti (al riguardo Cass. N. 27233 del 2008). (Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-04-2012, n. 5654)
Separazione e divorzio – Diritto dell’ex coniuge alla quota di indennità di fine rapporto – Durata del matrimonio – Effetti di ordine patrimoniale – Indennità di fine rapporto
Il diritto alla quota del trattamento di fine rapporto sorge quando l’indennità sia maturata al momento o dopo la proposizione della domanda di divorzio (con conseguente insussistenza del diritto unicamente se l’indennità matura anteriormente a tale momento) e, quindi, anche prima della sentenza di divorzio, senza che rilevi che a tale momento l’assegno divorzile sia stato già liquidato e sia già dovuto. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 06-06-2011, n. 12175)
OGGETTO DEL DIRITTO E PRESUPPOSTI
Separazione e divorzio – Diritto dell’ex coniuge alla quota di indennità di fine rapporto – Oggetto del diritto
La norma da una definizione necessariamente generica, e, nella nozione di indennità, va sicuramente ricompreso qualsiasi trattamento di fine rapporto, indipendentemente dalle espressioni usate, nei diversi settori, dal legislatore. Questa Corte (Cass. N. 28874 del 2005) ha avuto modo di precisare che è ricompresa pure l’indennità di risoluzione di rapporto di agenzia, essendo determinante l’incremento patrimoniale prodotto nel corso del rapporto dal lavoro dell’ex coniuge, che si è giovato del contributo indiretto dell’altro coniuge. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-04-2012, n. 5654)
ESENZIONE
Trasferimento di immobili – Figli beneficiari – Agevolazioni ex art. 19 L. n. 74 del 1987 – Applicabilità – Fondamento
Per l’ipotesi di trasferimento di immobili in adempimento di obbligazioni assunte in sede di separazione personale dei coniugi, l’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (norma speciale rispetto a quella di cui all’art. 26 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), alla luce delle sentenze della Corte costituzionale 11 giugno 2003, n. 202, 10 maggio 1999, n. 154 e 15 aprile 1992, n. 176, deve essere interpretato nel senso che l’esenzione si estende “a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi”, in modo da garantire l’adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici, anche con atti i cui effetti siano favorevoli ai figli.