La disciplina dell’affido condiviso non comporta l’impossibilità della convivenza del minore con entrambi i genitori con un collocamento paritario alternato. Anzi, tale soluzione, risulta essere maggiormente rispondente all’interesse dei figli poiché permette ai minori di mantenere “un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori” così come il Legislatore ha previsto nel primo comma dell’art. 337-ter del codice civile.
La valutazione sull’opportunità del collocamento alternato non può, certamente, essere effettuata a scatola chiusa ma, caso per caso, devono essere tenuti in debita considerazione diversi aspetti quali l’età del minore, la possibilità di continuare con le proprie abitudini di vita, di frequentare gli stessi luoghi e di mantenere i rapporti con la propria sfera affettiva.
L’AFFIDO CONDIVISO
Prima della riforma sull’affido condiviso, al genitore non affidatario era attribuito esclusivamente un “diritto di visita”.
Con la legge n. 54 del 2006, la situazione cambiava radicalmente, in quanto i genitori venivano posti sullo stesso piano, con pari dignità ed importanza genitoriale, lasciando al Giudice il compito di regolamentare i tempi di permanenza dei figli, identificando l’interesse del minore con il diritto a conservare rapporti significativi con entrambi i genitori.
La Riforma suddetta, infatti, stabilisce che il Giudice deve preferire l’affidamento condiviso, mentre, la scelta dell’affido esclusivo costituisce l’eccezione limitata ai casi di manifesta carenza o inidoneità educativa di un genitore, di sua obiettiva lontananza o di un suo sostanziale disinteresse per il minore.
Emerge così, un nuovo linguaggio e un nuovo approccio alla regolamentazione del diritto di famiglia, incentrato sui concetti di “superiore interesse del minore” e di “responsabilità genitoriale”.
L’AFFIDO CONDIVISO PARITARIO CON COLLOCAMENTO ALTERNATO
Il diritto alla bigenitorialità è centrale nella “Convenzione sui diritti dell’Infanzia” sottoscritta a New York il 20.11.1989 e resa esecutiva in Italia con la legge n. 176 del 1991.
La Convenzione, infatti, riconosce “il diritto del fanciullo separato da entrambi i genitori o da uno di essi, di intrattenere regolarmente rapporti personali e contatti diretti con entrambi i suoi genitori, a meno che ciò non sia contrario all’interesse preminente del fanciullo” (art. 9, comma 3).
All’art. 18, poi, fa riferimento al “principio comune secondo il quale entrambi i genitori hanno una responsabilità per quanto riguarda l’educazione del fanciullo ed il provvedere al suo sviluppo. La responsabilità di allevare il fanciullo e di provvedere al suo sviluppo incombe innanzitutto ai genitori”.
Questi principi sono stati, successivamente, ripresi dalla Carta di Nizza – ora parte del Trattato di Lisbona – per la quale il bambino ha il “diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse” (art. 24, comma 3).
Infine, il Consiglio d’Europa, valutata la letteratura scientifica accreditata (75 ricerche dal 1977 al 2014 coinvolgenti centinaia di migliaia di minori) ed obiettivate immotivate forme discriminatorie della paternità nei tribunali europei, ha adottato, in data 2 ottobre 2015, con 46 voti a favore (tra cui quello dell’Italia) la risoluzione n. 2079, con la quale si invitano, tra l’altro, gli Stati membri a promuovere la shared residence (ossia quella forma di affidamento in cui i figli trascorrono tempi più o meno uguali presso il padre e la madre) e a incentivare l’adozione di piani genitoriali dettagliati.
Nel bel Paese, in realtà, solo legalmente i minori vengono affidati in maniera condivisa tra i due genitori, mentre la custodia fisica resta affidata prevalentemente ad uno dei genitori.
Le pronunce dei Tribunali italiani, invero, sono state spesso censurate dalla Corte di Strasburgo che ha sanzionato l’Italia per violazione dell’art. 8 Carta Europea dei Diritti dell’Uomo (rispetto alla vita familiare).
In un recente convegno sulla materia, svoltosi il 3 novembre 2016 presso la Corte d’Appello di Roma, sono emersi i seguenti dati dagli studi effettuati a livello internazionale: l’Italia è classificata agli ultimi posti in Europa in quanto a tutela della bigenitorialità!
Ai primi posti nel vecchio continente troviamo Svezia e Belgio dove i figli di separati che trascorrono tempi eguali presso papà e mamma sono il 40 e il 30%. Da noi sono il 2%. In Svezia e Danimarca la perdita di contatto con un genitore è del 13 e 12% rispettivamente. Da noi è del 30%. I minori che trascorrono almeno un terzo del tempo con uno dei genitori dopo la separazione della coppia genitoriale (cosiddetto affido materialmente condiviso) sono il 70% in Svezia, il 50% in Belgio e il 49% in Danimarca. Da noi è il 5%.
I tempi paritari dei genitori nella frequentazione dei figli dopo la “separazione” sono quindi la normalità in tutta Europa, non in Italia, difatti costantemente condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per non avere consentito lo sviluppo di una vita affettiva (quasi sempre) a padri separati.
L’ESPERIENZA NEI TRIBUNALI ITALIANI
Le linee guida dei Tribunali di Perugia, Salerno e Brindisi.
Primo in Italia, il Tribunale di Perugia il quale ha adottato, fin dal 25.11.2014, un protocollo per il processo di famiglia in cui è espressamente previsto che “E’ opportuno che i genitori – nel richiedere l’affido condiviso della prole – prevedano nelle proprie istanze tempi paritetici o equipollenti di frequentazione dei figli minorenni con entrambi i genitori (c.d. affido fisicamente condiviso) suggeriti tenendo conto delle esigenze dei figli minorenni e di entrambi i genitori”.
Dopo circa due anni di sperimentazione, i principi presenti in tale atto sono stati confermati (25.05.2016) dal medesimo Tribunale, con il Protocollo di intesa per il contributo al mantenimento ordinario e straordinario della prole economicamente non autosufficiente, dove è stata, inoltre, confermata la preferenza nell’intendimento del Legislatore per il c.d. mantenimento diretto.
Sulla stessa linea, si pongono i Tribunali di Salerno e Brindisi dove protocolli simili sono sperimentati con successo dal marzo 2017.
Il Tribunale di Ravenna (Ordinanza del 21.01.2015) ha ritenuto di disporre, nell’esclusivo interesse della minore, il collocamento alternato settimanale a rotazione annuale; statuendo altresì che, nei periodi di permanenza presso uno dei genitori, all’altro debba essere garantito almeno un contatto telefonico giornaliero.
Il Giudice Ravennate ha, inoltre, disposto il mantenimento diretto del minore nei periodi di rispettiva permanenza con l’eccezione per le spese straordinarie che gravano sui genitori in parti uguali.
Per una migliore comprensione, si riporta il passo saliente del provvedimento.
“[..]considerata la, allo stato, inesorabile gravissima conflittualità esistente tra i coniugi ritenuti neppure in grado di affrontare il percorso di mediazione familiare; osservato il concreto costante pericolo che tale forte conflittualità, la quale si inasprisce nelle occasioni di contatto degli ex coniugi, si ripercuota sulla serenità della figlia minore di appena sei anni; ritenuto che allo stato l’unica soluzione per tutelare al massimo la tranquillità e serenità della minore sia quella di, confermare l’affido condiviso della stessa ai genitori, disporne il collocamento alternato settimanale a rotazione annuale dei periodi presso gli stessi con la precisazione che durante le festività pasquali e natalizie il periodo dl rispettiva permanenza di xxxxxx presso i genitori comprenda la metà del periodo di vacanza in modo che vengano ad alternarsi di volta in volta il giorno di Natale e Capodanno o quello di Pasqua e Lunedi dell’Angelo nonché alternando 15 giorni consecutivi con ciascuno dei genitori nel corso delle vacanze estive; [..] ritenuto che al tipo di collocamento prescelto consegue l’obbligo per ciascun genitore dl provvedere al mantenimento diretto della figlia nel periodi di rispettiva permanenza ad eccezione che per le spese di natura straordinaria (mediche non mutuabili, farmaceutiche, scolastiche, culturali, sportive, ludiche ecc.) per la stessa necessarie che dovranno comunque essere sostenute in misura del 50 % da ciascun genitore;”.
Per il Tribunale di Firenze (sentenza del 2 novembre 2018, n. 2945), il regime condiviso di esercizio della responsabilità genitoriale rappresenta un modello generale di affidamento che, in ragione delle peculiarità del caso concreto (ad esempio, forte conflittualità tra i genitori), può prevedere particolari declinazioni, tra le quali la domiciliazione a settimane alterne presso il padre e presso la madre.
Invero, il Giudice fiorentino, dopo aver acquisito le relazioni dei Servizi Sociali, della psicologa ed aver ascoltato la volontà dell’interessato (minore ultradodicenne), affidava lo stesso in via condivisa ad entrambi i genitori con domiciliazione, a settimane alterne, disponendo il mantenimento diretto.
Per una migliore comprensione, si riporta il passo saliente del provvedimento.
“Il minore, che ha espressamente chiesto di essere ascoltato dal giudice, nonostante i numerosi colloqui avuti con il personale dei sevizi sociali e la psicologa, [..] ha espresso la sua ferma volontà di mantenere una frequentazione a settimane alterne fra i genitori, mostrando di non soffrire la distanza fra la scuola, sita va Firenze vicino casa della mamma, e l’abitazione del padre a Rosano, ed anzi asserendo di riuscire a frequentare maggiormente gli amici di Firenze quando è con il padre per la sua disponibilità ad accompagnarlo e riprenderlo.
Alla luce di quanto sopra si ritiene di dover confermare l’attuale regime di affidamento condiviso, con domiciliazione alternata fra i genitori su base settimanale (regime già suggerito in corso di causa dai servizi sociali).”
Il Tribunale di Catanzaro, con la sentenza 28 febbraio 2019 n. 443, ha statuito che, in materia di affidamento del minore, la soluzione della suddivisione paritetica dei tempi di permanenza presso ciascun genitore non è sempre da preferire; tuttavia, essa è preferibile laddove ve ne siano le condizioni di fattibilità e, quindi, tenendo sempre in considerazione le caratteristiche del caso concreto (quali l’età del minore, gli impegni lavorativi di ciascuno dei genitori, la disponibilità di un’abitazione dignitosa per la crescita dei figli, ecc.).
Per una migliore comprensione, si riporta il passo saliente del provvedimento.
“[..] Ciò posto in linea generale, gli elementi acquisiti nel corso del giudizio consentono di ritenere attuabile nel caso di specie un affidamento condiviso con la previsione di tempi paritetici di permanenza del minore con i genitori.
Intanto l’età del bambino non è di ostacolo all’adozione di tale misura. (…) ha quasi 6 anni (è nato il (…) ed ha sempre vissuto nella casa familiare in cui al momento vive il padre, per cui, da un lato, non si ravvisano le esigenze rappresentate dalla madre secondo cui il bambino non potrebbe distaccarsi da lei per lungo tempo o di notte (misura di solito prevista dalla giurisprudenza di merito per la prole infratreenne), dall’altro, la permanenza presso l’abitazione del padre (pernotto compreso) non potrebbe costituire per lui alcuna forma di pregiudizio, trattandosi di un ambiente per lui familiare in cui sono presenti spazi a lui dedicati e di recente ristrutturazione (cfr. la perizia agli atti a firma dell’ing. Cu.).
Quanto al pernottamento del bambino presso il padre, deve dirsi che gli studi scientifici dimostrano gli effetti positivi di tale abitudine, dal momento che si crea una più approfondita e intima conoscenza e il minore percepisce maggiormente come propria l’abitazione paterna.”
Infine, anche la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza 8 aprile 2019 n. 9764, ha recentemente chiarito che la bigenitorialità, pur potendo essere attuata in diverse forme, deve portare ad una situazione di fatto idonea a garantire la presenza di ciascun genitore nella quotidianità del minore.
Il Supremo Organo nomofilattico, invero, segnala il pericolo che eccessive restrizioni alla facoltà di frequentazione di un genitore possano pregiudicare il minore, anche se in tenera età.
LA RIFORMA LEGISLATIVA: IL C.D. DDL PILLON
“Equivalenza dei tempi di frequentazione del minore con ciascuno dei genitori nel corso dell’anno”, “doppio domicilio del minore presso l’abitazione di ciascuno dei genitori” e “mantenimento diretto dei figli” sono tra i principi cardine del disegno di legge n. 735, meglio noto come “Ddl Pillon”, tuttora all’esame del Parlamento.
In particolare, all’art. 11 del disegno di legge si prevede di modificare l’art. 337 ter nel modo seguente.
Il “nuovo” testo, innanzitutto, configura (indipendentemente dai rapporti intercorrenti tra i due genitori) il diritto del figlio minore (“nel proprio esclusivo interesse morale e materiale”) al mantenimento dei rapporti parentali, “con paritetica assunzione di responsabilità e di impegni e con pari opportunità” rispetto a ciascun genitore, nonché di trascorrere con ciascuno di essi “tempi paritetici o equipollenti, salvi i casi di impossibilità materiale” (co. 1).
Il secondo comma prevede che “Qualora uno dei genitori ne faccia richiesta e non sussistano oggettivi elementi ostativi, il giudice assicura con idoneo provvedimento il diritto del minore di trascorrere tempi paritetici in ragione della metà del proprio tempo, compresi i pernottamenti, con ciascuno dei genitori.
Salvo diverso accordo tra le parti, deve in ogni caso essere garantita alla prole la permanenza di non meno di dodici giorni al mese, compresi i pernottamenti, presso il padre e presso la madre, salvo comprovato e motivato pericolo di pregiudizio per la salute psico-fisica del figlio minore (…omissis…)”; pericolo che potrebbe derivare, ad esempio, da violenza, abuso sessuale, trascuratezza, indisponibilità di un genitore, o inadeguatezza evidente degli spazi predisposti per la vita del minore.
Il comma 5, capoverso dell’art. 337 ter c.c. è, poi, così emendato: “Stabilisce il doppio domicilio del minore presso l’abitazione di ciascuno dei genitori ai fini delle comunicazioni scolastiche, amministrative e relative alla salute”.
L’attività del giudice dovrebbe collocarsi in posizione subordinata rispetto al diritto dei genitori di concordare un “piano genitoriale” (co. 6): il documento, cioè, frutto dell’accordo tra i genitori e approvato dal giudice, ovvero da questi dettato in caso di dissidio insanabile tra le parti (ma con salvezza delle parti sulle quali fosse stato raggiunto un accordo parziale), relativo alle concrete modalità di esercizio congiunto della responsabilità genitoriale e di mantenimento diretto della prole (co. 9).
Su tale ultimo aspetto, il DDL S 735/2018 manifesta un netto favor per il mantenimento diretto e proporzionale da parte di ciascun genitore (con individuazione di specifici capitoli di spesa; co. 7): infatti, l’assegno di mantenimento (indiretto) può essere attribuito dal giudice solo ove strettamente necessario, in via residuale e comunque temporanea, indicando “quali iniziative devono essere intraprese dalle parti per giungere al mantenimento diretto” (co. 10).
Ulteriori innovazioni sono poi rappresentate dall’espressa previsione della facoltà per gli ascendenti (nonni) – con i quali il figlio ha diritto di mantenere rapporti significativi – di intervenire nel giudizio di affidamento (co. 4).
Infine, in relazione alla responsabilità genitoriale (undicesimo ed ultimo comma) si prevede che ciascun genitore sia facoltizzato ad assumere in autonomia le decisioni quotidiane, per il tempo in cui ha presso di sé il figlio, mentre le decisioni di maggior interesse sono rimesse all’accordo di entrambi o, in subordine, al giudice.