Matrimonio, separazione, divorzio: rassegna giurisprudenziale della Cassazione

MATRIMONIO – SEPARAZIONE – DIVORZIO

(Rassegna giurisprudenziale)

VIOLAZIONE DEI DOVERI CONIUGALI

Responsabilità e relazioni familiari – Violazione dei doveri coniugali – Responsabilità per danni – Separazione giudiziale – Risarcimento del danno

La violazione di obblighi nascenti dal matrimonio che, da un lato è causa di intollerabilità della convivenza, giustificando la pronuncia di addebito, con gravi conseguenze, com’è noto, anche di natura patrimoniale, dall’altro, dà luogo ad un comportamento (doloso o colposo) che, incidendo su beni essenziali della vita, produce un danno ingiusto, con conseguente risarcimento, secondo lo schema generale della responsabilità civile. Possono dunque sicuramente coesistere pronuncia di addebito e risarcimento del danno, considerati i presupposti, i caratteri, le finalità, radicalmente differenti. La risarcibilità dei danni non patrimoniali scaturenti dalla violazione dei doveri nascenti dal matrimonio non è esclusa dalla previsione normativa dell’addebito e presuppone l’accertamento della lesione, a seguito di siffatta violazione, di beni inerenti la persona umana, quali la salute, la privacy, i rapporti relazionali. (Cass. civ., Sez. I, 1 giugno 2012, n. 8862)

Famiglia e responsabilità civile – Rapporti familiari e responsabilità civile – Violazione dei doveri coniugali – Responsabilità per danni – Separazione giudiziale

La violazione del dovere di fedeltà ed il conseguente addebito della separazione non giustifica la condanna al risarcimento del danno in assenza dell’ingiusta lesione di un diritto costituzionalmente protetto. (Cass. civ., Sez. I, 17 gennaio 2012, n. 610)

Responsabilità e relazioni familiari – Violazione dei doveri coniugali – Responsabilità per danni – Separazione giudiziale – Non addebitabilità della separazione – Risarcimento danni non patrimoniali

I doveri che derivano ai coniugi dal matrimonio hanno natura giuridica e la loro violazione non trova necessariamente sanzione unicamente nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, quale l’addebito della separazione, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi su detti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell’illecito civile e dare luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 c.c. senza che la mancanza di pronuncia di addebito in sede di separazione sia preclusiva dell’azione di risarcimento relativa a detti danni. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-09-2011, n. 18853)

Violazione dei doveri coniugali – Responsabilità per danni – Addebitabilità della separazione – Grave lesione dei diritti inviolabili del “partner” derivante da un comportamento “non iure” dell’altro coniuge – Tutela risarcitoria – Sussistenza – Ragioni e fondamento

L’intensità dei doveri derivanti dal matrimonio, segnati da inderogabilità ed indisponibilità, si riflette necessariamente sui rapporti tra le parti nella fase precedente il matrimonio, imponendo loro – pur in mancanza, allo stato, di un vincolo coniugale ma nella prospettiva della costituzione di tale vincolo – un obbligo di lealtà, di correttezza e di solidarietà, che si sostanzia anche in un obbligo di informazione di ogni circostanza inerente le proprie condizioni psicofisiche e di ogni situazione idonea a compromettere la comunione materiale e spirituale alla quale il matrimonio è rivolto. E’ configurabile un danno ingiusto risarcibile allorché l’omessa informazione, in violazione dell’obbligo di lealtà, da parte del marito, prima delle nozze, della propria incapacità coeundi a causa di una malformazione, da lui pienamente conosciuta, induca la donna a contrarre un matrimonio che, ove informata, ella avrebbe rifiutato, così ledendo quest’ultima nel suo diritto alla sessualità, in sé e nella sua proiezione verso la procreazione, che costituisce una dimensione fondamentale della persona e una delle finalità del matrimonio. (Cass. civ. Sez. I, 10/05/2005, n. 9801

NESSO DI CAUSALITA’ 

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Nesso di causalità tra la violazione del dovere coniugale e l’intollerabilità della convivenza – Violazione dell’obbligo di fedeltà

La violazione degli obblighi matrimoniali, ivi compreso quello di fedeltà, richiede un rapporto di causalità rispetto all’intollerabilità della convivenza, ai fini della pronuncia di addebito.(Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 06-06-2013, n. 14366)

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Nesso di causalità tra la violazione del dovere coniugale e l’intollerabilità della convivenza – Violazione obbligo di fedeltà

La ripresa della convivenza coniugale successivamente alla scoperta del tradimento del coniuge, che si sia protratta per un lungo periodo, esclude il successivo addeito della separazione al coniuge traditore. Il lasso di tempo intercorso tra l’epoca del tradimento e la concreta manifestazione della crisi coniugale, approdata alla richiesta di separazione, elide infatti il nesso di causalità che deve sussistere, ai fini dell’addebito della separazione, tra la violazione del dovere di fedeltà e il determinarsi della situazione di intollerabilità della convivenza. (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 23-05-2013, n. 12750)

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – I comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Allontanamento dalla casa coniugale

In tema di addebito della separazione, il giudice di merito non ha l’obbligo di verificare se ci siano stati atti contrari ai doveri del matrimonio da parte dell’ex coniuge, basta, infatti la constatazione, in base ai fatti oggettivi emersi, della disaffezione da parte dell’altro coniuge. In particolare, l’esigenza avvertita da uno dei due coniugi, dopo anni di matrimonio infelice di fare le valige e di chiedere la separazione è sufficiente a provare quell’impossibilità di convivenza prevista dalla legge per escludere l’addebito e lasciare la libertà, costituzionalmente garantita, a uno dei coniugi di sciogliere l’unione. (Cass. civ. Sez. I, 30/01/2013, n. 2183)

COMPORTAMENTI SUCCESSIVI ALLA SEPARAZIONE

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Nesso di causalità tra la violazione del dovere coniugale e l’intollerabilità della convivenza

Va riconosciuta l’irrilevanza, ai fini dell’addebito, delle condotte sopravvenute in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al comune sentire, in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non caratterizzata da “affectio coniugalis”. (Cass. civ. Sez. VI, Ord. 27 giugno 2013, n. 16285)

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Nesso di causalità tra la violazione del dovere coniugale e l’intollerabilità della convivenza

Ai fini dell’addebito conta anche il comportamento che il coniuge tiene subito dopo aver cessato la convivenza qualora costituisca una conferma del passato e concorra ad illuminare sulla condotta pregressa. (Nel caso di specie: un’ingiustificata imposizione unilaterale di una condizione di lontananza dell’altro coniuge dai figli minori, iniziata prima della notifica del ricorso separativo e protrattasi anche dopo tale adempimento processuale).

COMPORTAMENTI PRE-MATRIMONIALI

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Nesso di causalità tra la violazione del dovere coniugale e l’intollerabilità della convivenza – Convivenza pre-matrimoniale – Rilevanza – Condizioni – Fondamento

In tema di separazione giudiziale, l’addebitabilità della colpa del fallimento del matrimonio deve essere riferita anche al periodo di convivenza pre-matrimoniale, allorché questo si collochi rispetto al matrimonio come un periodo di convivenza continuativo, che consente, quindi, di valutare complessivamente la vita della coppia e le reciproche responsabilità dei coniugi.

ALLONTAMENTO DALLA CASA CONIUGALE

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Allontanamento dalla casa coniugale

Il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe su chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata ed in conseguenza di tale fatto. (Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 05/02/2014, n. 2539)

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Allontanamento dalla casa coniugale

In tema di separazione giudiziale dei coniugi costituisce di per sé motivo di addebito l’abbandono del domicilio coniugale volontario, unilaterale e definitivo, che non sia stato preceduto dalla proposizione della domanda di separazione, atteso che tale condotta pone fine alla convivenza, salvo che il coniuge responsabile non offra, a propria giustificazione, la prova di una preesistente situazione di intollerabilità della convivenza stessa. Infatti, la proposizione della domanda di separazione costituisce giusta causa dell’allontanamento dalla residenza familiare. In tal modo è legittimato un comportamento in precedenza giudicato di regola illecito, perché in violazione dell’art. 143 c.c., ed è consentito al coniuge, che giudichi anche solo soggettivamente intollerabile la prosecuzione della convivenza, di sottrarsi a essa con decisione unilaterale, all’unica condizione di proporre la domanda di separazione. Ma tale agevolazione comporta conseguenze di rilievo nel caso in cui, immotivatamente, quella condizione non sia stata soddisfatta. L’art. 143 c.c. comporta, infatti, il principio di diritto in forza del quale il coniuge, il quale provi che l’altro ha volontariamente e definitivamente abbandonato la residenza familiare senza aver proposto domanda di separazione personale, non deve ulteriormente provare l’incidenza causale di quel comportamento illecito sulla crisi del matrimonio, implicando esso la cessazione della convivenza e degli obblighi a essa connaturati, e gravando sull’altra parte l’onere di offrire la prova contraria, che quel comportamento fosse giustificato dalla preesistenza di una situazione d’intollerabilità della coabitazione, nonostante l’assenza della giusta causa prevista dall’art. 146 c.c. c.p.v.. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 14-02-2012, n. 2059)

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Allontanamento dalla casa coniugale

Non può esserci addebito della separazione al coniuge che abbandona la casa coniugale a causa dei continui dissidi con la suocera convivente. (Cass. civ. Sez. I, Ord., 24 febbraio 2011, n. 4540)

OFFESE ALL’ALTRO CONIUGE

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Nesso di causalità tra comportamento di un coniuge e intollerabilità della convivenza – fattispecie

Ai fini dell’addebitabilità della separazione è necessario accertare se la crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento di uno o entrambi i coniugi e se sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati ed il verificarsi dell’intollerabilità della convivenza. Risulta, nella specie, fattore integrante il nesso di casualità, rispetto all’insorgere di detta intollerabilità, il comportamento del coniuge il quale, con atteggiamento dispotico e non rispettoso della dignità della moglie, cerchi di impedire alla stessa di frequentare un corso professionale, rifiutandole ogni finanziamento al riguardo, utilizzando violenza fisica, nonché ostacolando i suoi rapporti con la famiglia di origine. Tali valutazioni, risultano inoltre circostanziate, congrue e specifiche, e considerano il comportamento del marito abituale, per cui ne risulta implicito l’accertamento della predetta causalità. (Cass. civ. Sez. I, 03/04/2009, n. 8124)

DISACCORDO SULL’EDUCAZIONE DEI FIGLI

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Scelte educative unilaterali del coniuge nei confronti dei figli

L’art. 144 c.c. prevede l’obbligo per i coniugi di concordare tra di loro l’indirizzo della vita familiare, sì che le scelte educative e gli interventi diretti a risolvere i problemi dei figli non possono che essere adottati d’intesa tra i coniugi, ne consegue che un atteggiamento unilaterale, sordo alle valutazioni e alle richieste dell’altro coniuge, a tratti violento ed eccessivamente rigido, può tradursi, oltre che in una violazione degli obblighi del genitore nei confronti dei figli (art. 147 c.c.), anche nella violazione dell’obbligo nei confronti dell’altro coniuge di concordare l’indirizzo della vita familiare e, in quanto fonte di angoscia e dolore per l’altro coniuge, nella violazione del dovere di assistenza morale e materiale sancito dall’art. 143 c.c. Qualora tale condotta si protragga e persista nel tempo, aprendo una frattura tra un coniuge e i figli ed obbligando l’altro coniuge a schierarsi a difesa di costoro, essa può divenire fonte d’intollerabilità della convivenza e rappresentare, in quanto contraria ai doveri che derivano dal matrimonio sia nei confronti del coniuge che dei figli in quanto tali, causa di addebito della separazione coniugale ai sensi dell’art. 151, comma 2, c.c. (nella specie, la Suprema corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso l’addebito della separazione al marito, pur avendo accertato due episodi di violenza fisica di questi nei confronti della moglie, distanziati negli anni, assumendo apoditticamente che tali episodi non avevano avuto efficacia causale nel determinare l’intollerabilità della convivenza). (Cass. civ. Sez. I, 02-09-2005, n. 17710)

RIFIUTO DI INTRATTENERE RAPPORTI AFFETTIVI E SESSUALI

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Abbandono della casa coniugale – Assenza di intesa sessuale – Giustificato motivo di abbandono – Sussiste

La mancanza di un’intesa sessuale rappresenta una “giusta causa” per abbandonare il tetto coniugale, ragion per cui l’abbandono, giustificato da tale motivo, non può sorreggere una pronuncia di addebito, emergendo, nella relazione di coniugio, l’assenza di un rapporto “sereno e appagante”. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 31-05-2012, n. 8773)

MUTAMENTO DÌ ATTIVITA’ LAVORATIVA

Separazione e divorzio – Addebitabilità – Comportamenti dei coniugi rilevanti ai fini dell’addebito – Attività economica da parte della moglie – Attività imprenditoriale iniziata dalla moglie contro la volontà del marito – Dissesto

Non può costituire motivo di addebito della separazione la circostanza che uno dei coniugi, pur non avendone la necessità, per essere l’altro disposto ad assicurargli con le proprie risorse il mantenimento di un tenore di vita adeguato al livello economico-sociale del nucleo familiare, abbia voluto dedicarsi ad una attività lavorativa retribuita o ad un’altra occupazione più o meno remunerativa ed impegnativa, al fine di affermare la propria personalità anche al di fuori dell’ambito strettamente domestico, purché tale decisione non comporti una violazione dell’ampio dovere di collaborazione gravante su entrambi i coniugi, in quanto contrastante con l’indirizzo della vita familiare da essi concordato prima o dopo il matrimonio, e non pregiudichi l’unità della famiglia, in quanto incompatibile con l’adempimento dei fondamentali doveri coniugali e familiari. (nella specie, la moglie, dopo il matrimonio, ed allorché i figli erano ormai adulti, si era dedicata ad un’attività commerciale, ma con esiti disastrosi, nonostante l’aiuto economico prestatole dal marito che pure, in un primo momento, aveva contrastato tale sua scelta). (Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-07-2013, n. 17199)

COMPORTAMENTI PARTICOLARMENTE GRAVI

Le gravi condotte lesive, traducendosi nell’aggressione a beni e diritti fondamentali della persona, quali l’incolumità e l’integrità fisica, morale e sociale dell’altro coniuge, ed oltrepassando quella soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner, sono insuscettibili di essere giustificate come ritorsione e reazione al comportamento di quest’ultimo e si sottraggono anche alla comparazione con tale comportamento, la quale non può costituire un mezzo per escludere l’addebitabilità nei confronti del coniuge che quei fatti ha posto in essere. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 16-05-2013, n. 11981)

DOVERE DI FEDELTA’

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Il dovere di fedeltà – Violazione

L’infedeltà di un coniuge, la quale pur rappresentando una violazione particolarmente grave, specie se attuata attraverso una stabile relazione extraconiugale, può essere rilevante al fine dell’addebitabilità della separazione soltanto quando sia stata causa o concausa della frattura del rapporto coniugale, e non anche, pertanto, qualora risulti non aver spiegato concreta incidenza negativa sull’unità familiare e sulla prosecuzione della convivenza medesima: come avviene allorquando il giudice accerti la preesistenza di una rottura già irrimediabilmente in atto, perciò autonoma ed indipendente dalla successiva violazione del dovere di fedeltà (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 19-07-2013, n. 17741)

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Il dovere di fedeltà – Violazione – Conoscenza del tradimento – Successiva volontà riconciliativa del coniuge non infedele – Addebito – Esclusione

Non può essere inflitta la separazione con addebito ad un coniuge quando l’altro era a conoscenza dei tradimenti del coniuge senza che questo però fosse stato considerato con sicurezza l’elemento di rottura del matrimonio. Infatti, la successiva generica manifestazione di una volontà riconciliativa da parte del coniuge non infedele, poiché di per sé non elide la gravità del “vulnus” subito ed, in ogni caso, costituisce un “posterius” rispetto alla proposizione della domanda di separazione con richiesta di addebito, in tanto può assumere valore ai fini della esclusione di una efficienza causale dell’infedeltà in ordine alla crisi dell’unione familiare in quanto ad essa corrisponda un positivo riscontro da parte del coniuge infedele. (Cass. civ. Sez. VI – 1 Ordinanza, 27/06/2013, n. 16270)

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Il dovere di fedeltà – Violazione –Addebito – Presupposti – Rapporto attraverso contatti telefonici o internet – Esclusione

In tema di separazione giudiziale dei coniugi, non può essere pronunciato l’addebito nei confronti del coniuge che abbia intrattenuto, con altra persona, contatti telefonici e via Internet, concretizzanti però un legame solo platonico, senza i connotati – anche solo apparenti – di una relazione sentimentale adulterina, e comunque non tradotto in contegni offensivi per la dignità e l’onore dell’altro coniuge. La relazione solo platonica di un coniuge con estranei non rende addebitabile la separazione qualora non si sostanzi in una relazione sentimentale adulterina, non dia luogo a plausibili sospetti di infedeltà e non comporti offesa alla dignità ed all’onore dell’altro coniuge. (Nella specie, la Suprema corte ha confermato, anche nell’iter motivazionale, la sentenza di merito che aveva escluso l’addebito anche sul rilievo della mancanza di prova della condivisione, da parte di quel coniuge, dell’infatuazione manifestata dal partner, e quindi del reciproco coinvolgimento sentimentale). (Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-04-2013, n. 8929)

DOMANDA DI SEPARAZIONE CON RICHIESTA DI ADDEBITO

Separazione e divorzio – L’addebito nella separazione – Domanda di separazione e richiesta di addebito – Autonomia rispetto alla domanda di separazione

Nel giudizio di separazione personale dei coniugi, la richiesta di addebito, pur essendo proponibile solo nell’ambito del giudizio di separazione, ha natura di domanda autonoma; infatti, la stessa presuppone l’iniziativa di parte, soggiace alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, ha una “causa petendi” (la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole) ed un “petitum” (statuizione destinata a incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo) distinti da quelli della domanda di separazione. Pertanto, in carenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogative dell’art. 329 c.p.c., comma 2, l’impugnazione proposta con esclusivo riferimento all’addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione ed al contempo ne abbia dichiarato l’addebitabilità, implica il passaggio in giudicato del capo sulla separazione, rendendo esperibile l’azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-11-2011, n. 24442)

CONVIVENZA TRA CONIUGI

Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Instaurazione di una effettiva convivenza tra i coniugi 

Tra le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, l’art. 156 cod. civ. non pone l’instaurazione di un’effettiva convivenza fra i coniugi; la mancata convivenza può, infatti, trovare ragione nelle più diverse situazioni o esigenze, e va comunque intesa, in difetto di elementi che dimostrino il contrario, come espressione di una scelta della coppia, di per sè non escludente la comunione spirituale e materiale, dalla quale non possono farsi derivare effetti penalizzanti per uno dei coniugi ed alla quale comunque non può attribuirsi efficacia estintiva dei diritti e doveri di natura patrimoniale che nascono dal matrimonio.(Cass. civ. Sez. I, 22/09/2011, n. 19349)

BREVE DURATA DEL MATRIMONIO

Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Brevità del vincolo – Convivenza pre-matrimoniale

In tema di determinazione dell’assegno di mantenimento, nei casi di assoluta brevità della convivenza che non consentono di ricorrere al riscontro di altri comportamenti abituali dei coniugi, l’elemento costituito dalla consistenza patrimoniale, dall’ammontare dei redditi dei coniugi e della loro presumibile imputazione di spesa, assume un rilievo centrale nella determinare il tenore di vita della coppia. L’addebitabilità della colpa del fallimento del matrimonio deve essere riferita anche al periodo di convivenza pre-matrimoniale, allorché questo si collochi rispetto al matrimonio come un periodo di convivenza continuativo, che consente, quindi, di valutare complessivamente la vita della coppia e le reciproche responsabilità dei coniugi.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 20-06-2013, n. 15486)

DURATA DELL’ASSEGNO DI SEPARAZIONE

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Durata dell’assegno

La pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, operando “ex nunc” dal momento del passaggio in giudicato, non comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di separazione personale che sia iniziato anteriormente e sia tuttora in corso, ove esista l’interesse di una delle parti alla operatività della pronuncia e dei conseguenti provvedimenti patrimoniali, come nel caso in cui permanga quello alla definitiva regolamentazione dell’assegno fino alla cessazione dell’obbligo di mantenimento per sopravvenute nuove nozze del beneficiario di esso. (Cass. civ. Sez. I, 26/08/2013, n. 19555)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Durata dell’assegno

L’assegno di mantenimento, in favore di uno dei due coniugi in regime di separazione, è dovuto fino al passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia il divorzio, la quale segna il venir meno del presupposto di detto mantenimento, cioè del vincolo matrimoniale; con la conseguenza che questa non comporta il venir meno dell’interesse al ricorso in cassazione avverso la sentenza che riconosce e quantifica l’assegno di mantenimento.(Cass. civ. Sez. I, 15/01/2009, n. 813)

TENORE DI VITA

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Tenore di vita – Assegno di mantenimento – Non compete

Qualora la moglie goda alla luce delle sue condizioni economico patrimoniali, di un tenore di vita analogo a quello goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, e, qualora le sue condizioni economico patrimoniali siano del tutto adeguate a consentire un livello di benessere già caratterizzante la convivenza coniugale, coerentemente con la specifica funzione che l’art. 156 c.c., attribuisce all’assegno di mantenimento in favore del coniuge, viene meno il diritto all’assegno di mantenimento in quanto la stessa è in grado di mantenere autonomamente un alto tenore di vita. (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 23-05-2013, n. 12764)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Presupposti ai fini dell’attribuzione dell’assegno in sede di separazione – Durata dell’assegno

Benché la separazione determini normalmente la cessazione di una serie di benefici e consuetudini di vita ed anche il diretto godimento di beni, il tenore di vita goduto in costanza della convivenza va identificato avendo riguardo allo “standard” di vita reso oggettivamente possibile dal complesso delle risorse economiche dei coniugi, tenendo quindi conto di tutte le potenzialità derivanti dalla titolarità del patrimonio in termini di redditività, di capacità di spesa, di garanzie di elevato benessere, oltre che di fondate aspettative per il futuro, e considerando anche l’incremento dei redditi di un coniuge e il decremento di quelli dell’altro, anche se verificatisi nelle more del giudizio di separazione, in quanto durante la separazione personale non viene meno la solidarietà economica che lega i coniugi durante matrimonio e che comporta la condivisione delle reciproche fortune nel corso della convivenza. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 19-03-2009, n. 6699)

CAPACITA’ LAVORATIVA DEL CONIUGE

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Attitudine del coniuge al lavoro – Rilevanza

In tema di separazione personale dei coniugi, l’attitudine al lavoro proficuo dei medesimi, quale potenziale capacità di guadagno, costituisce elemento valutabile ai fini della determinazione della misura dell’assegno di mantenimento da parte del giudice, che deve al riguardo tenere conto non solo dei redditi in denaro ma anche di ogni utilità o capacità dei coniugi suscettibile di valutazione economica. Peraltro, l’attitudine del coniuge al lavoro assume in tal caso rilievo solo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale ed ambientale, e non già di mere valutazioni astratte ed ipotetiche. (In applicazione di tale principio la S.C. ha cassato la sentenza del giudice di merito che aveva negato un contributo al mantenimento alla moglie in considerazione della sua giovane età, delle sue buone condizioni di salute, del possesso di un diploma di laurea, dell’esperienza professionale pregressa, senza, tuttavia, valutare le condizioni reddituali e patrimoniale al momento dell’accertamento della sussistenza del diritto). (Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-02-2013, n. 3502)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Rilevanza degli accordi assunti in costanza di matrimonio

La separazione istaura un regime che tende a conservare il più possibile tutti gli effetti propri del matrimonio compatibili con la cessazione della convivenza e, quindi, anche il tipo di vita di ciascuno dei coniugi; conseguentemente se prima della separazione i coniugi avevano concordato o, quanto meno, accettato che uno di essi non lavorasse, l’efficacia di tale acordo permane anche dopo la separazione. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 29-07-2011, n. 16736)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Inattività lavorativa del coniuge

Il rifiuto di accettare possibilità d’impiego non può essere considerato, di per sé solo, espressione di renitenza a provvedere al proprio mantenimento, se non si dimostri che le offerte erano adeguate alla qualificazione professionale e alla dignità personale del coniuge, tenuto anche conto delle condizioni economiche e sociali godute prima della crisi matrimoniale.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 23-07-2010, n. 17347)

QUANTIFICAZIONE DELL’ASSEGNO

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Determinazione

L’art. 156 c.c., comma 1, attribuisce al coniuge al quale non sia addebitabile la separazione un assegno tendenzialmente idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello che aveva prima della separazione, qualora, come nella specie, non fruisca di redditi propri tali da fargli mantenere una simile condizione e che sussista una differenza di reddito tra i coniugi. La conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell’assegno costituisce un obbiettivo tendenziale, sicché esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall’art. 156 c.c., comma 2. La determinazione dei limiti entro i quali sia possibile perseguire il suddetto obbiettivo è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei coniugi al fine di stabilire in quale misura l’uno debba integrare i redditi insufficienti dell’altro, onde consentire a questi di conservare il tenore di vita goduto in regime di convivenza, da valutarsi con riferimento al contesto nel quale i coniugi hanno vissuto durante il matrimonio, quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze dell’avente diritto all’apporto. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 27-09-2012, n. 16481)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Determinazione – Risorse economiche dell’onerato – Elementi diversi dal reddito suscettibili di incidere sulle condizioni patrimoniali delle parti

La capacità di lavoro e di guadagno dell’istante, ove sussistente, deve essere considerata ai fini sia del riconoscimento del diritto all’assegno divorzile che della relativa quantificazione, non potendo il riequilibrio della condizione economica che risulti inadeguata in raffronto alla conservazione del tenore della vita coniugale prescindere dalle potenzialità economiche connesse a quelle lavorative inespresse e dalla commisurazione dell’assegno stesso all’importo differenziale, necessario a colmare la riscontrata insufficienza dei mezzi anche potenziali di cui dispone l’avente diritto. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2011, n. 7601)

DECORRENZA DELL’ASSEGNO

Separazione e divorzio – Condizioni – Revisione – Efficacia – Retroattività – Insussistenza – Obblighi genitoriali – Mantenimento della prole – Solidarietà

In materia di revisione dell’assegno di mantenimento per i figli, il diritto di un coniuge a percepirlo ed il corrispondente obbligo dell’altro a versarlo, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modifica di tali provvedimenti, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell’assegno, con la conseguenza che, in mancanza di specifiche disposizioni, la decisione giurisdizionale di revisione non può avere decorrenza dal momento dell’accadimento innovativo, anteriore nel tempo rispetto alla data della domanda di modificazione (Cass. civ. Sez. I, Sent., 17-01-2014, n. 921)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Decorrenza – Attribuzione in appello di una somma maggiore rispetto a quella liquidata in primo grado – Decorrenza del nuovo assegno

Qualora nell’ambito di un giudizio di9 separazione personale, il giudice di appello proceda a una diversa quantificazione dell’assegno di mantenimento spettante alla moglie, elevando l’importo fissato dal primo giudice sulla base degli elementi già presi in considerazione dalla sentenza di primo grado e omettendo di farsi carico di individuare alcun mutamento delle posizioni economiche delle parti, per effetto di eventi sopravvenuti nel corso del giudizio di appello, il nuovo assegno ha decorrenza dalla data della domanda (in primo grado) per cui deve essere cassata la sentenza di appello che – senza alcuna motivazione – abbia fatto decorrere da una data diversa (nella specie: dalla data della sentenza di appello) l’obbligo di corrispondere il nuovo, più elevato, assegno.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-07-2013, n. 17199)

PRESCRIZIONE DELL’ASSEGNO

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Decorrenza unica dalla data della sentenza – Esclusione

In tema di separazione dei coniugi e di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il diritto alla corresponsione dell’assegno di mantenimento, in quanto avente ad oggetto più prestazioni autonome, distinte e perio-diche, si prescrive non a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della sentenza di separazione o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, bensì dalle singole scadenze di pagamento, in relazione alle quali sorge, di volta in volta, l’interesse del creditore a ciascun adempimento. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-04-2014, n. 7981)

AIUTO PRESTATO AL CONIUGE BENEFICIARIO DA TERZI

Famiglia – Separazione personale dei coniugi – Effetti – Assegno di mantenimento – In genere – Elargizioni liberali dal coniuge obbligato – Rilevanza – Esclusione – Fondamento

In tema di determinazione dell’assegno di mantenimento, sono irrilevanti le elargizioni a titolo di liberalità ricevute dal coniuge obbligato dai propri genitori o, comunque, da terzi, ancorchè regolari e continuate dopo la separazione, in quanto il carattere di liberalità impedisce di considerarle reddito ai sensi dell’art. 156, secondo comma, cod. civ., così come non costituiscono reddito, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, analoghi contributi ricevuti dal coniuge titolare del diritto al mantenimento.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-06-2012, n. 10380)

REVOCA E REVISIONE DELL’ASSEGNO

Famiglia maternità e infanzia – Divorzio – Assegno – Beni ereditari acquisiti successivamente alla cessazione della convivenza 

I beni acquisiti per successione ereditaria dopo la separazione, ancorché non incidenti sulla valutazione del tenore di vita matrimoniale perché intervenuta dopo la cessazione della convivenza, possono tuttavia essere presi in considerazione ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge onerato (e quindi anche ai fini della valutazione della capacità economica del coniuge beneficiario).(Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 05-02-2014, n. 2542)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Figli nuovi nati dalla nuova unione dell’onerato

Sella determinazione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge separato e della prole incidono gli ulteriori oneri derivanti a carico dell’onerato in conseguenza della nascita di figli naturali nati da una successiva unione: l’incidenza tuttavia non conduce necessariamente ad una riduzione dell’importo dove venga preso in considerazione l’apporto economico della nuova compagna dell’onerato. (Cass. civ. Sez. VI – 1, Ord., 23-05-2013, n. 12770)

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Quantificazione dell’assegno – Revisione dell’assegno – Decorrenza

In materia di revisione dell’assegno di mantenimento, il diritto a percepirlo di un coniuge ed il corrispondente obbligo a versarlo dell’altro, nella misura e nei modi stabiliti dalla sentenza di separazione o dal verbale di omologazione della separazione consensuale, conservano la loro efficacia sino a quando non intervenga la modificazione di tali provvedimenti, essendo del tutto irrilevante il momento in cui – di fatto – sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dello stesso assegno, con la conseguenza, che, in mancanza di specifiche disposizioni ed in base ai principi generali relativi all’autorità, all’intangibilità ed alla stabilità, per quanto temporalmente limitata (rebus sic stantibus), del precedente giudicato impositivo del contributo di mantenimento, gli effetti della decisione giurisdizionale di modificazione possono retroagire non già al momento dell’accadimento innovativo, ma alla data della domanda di modificazione. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 26-09-2011, n. 19589)

UNA TANTUM IN SEDE DI SEPARAZIONE

Separazione e divorzio – Assegno di mantenimento coniugale e divorzile – Assegno una tantum – Corresponsione in un’unica soluzione

Atteso che gli accordi di separazione non possono implicare alcuna rinuncia all’assegno di divorzio il riconoscimento di quest’ultimo non può essere escluso, ricorrendo le condizioni di legge, pur se i coniugi, in sede di separazione consensuale, avevano pattuito la corresponsione di una somma una tantum per il mantenimento del coniuge economicamente più debole. (Cass. civ. Sez. I, 21-02-2008, n. 4424)

GARANZIE A TUTELA DELL’ASSEGNO DI SEPARAZIONE

Separazione e divorzio – Le garanzie a tutela dell’assegno di mantenimento coniugale e divorzile – l’assegno di separazione – Erogazione diretta – Terzo obbligato – Individuazione – Necessità – Parte processuale – Configurabilità – Esclusione – Conseguenze

In tema di assegno di mantenimento, la disposizione legislativa di cui all’art. 156 cod. civ., nel caso in cui eventuali terzi risultino obbligati a versare (anche periodicamente) somme di danaro al coniuge onerato dell’assegno, individua il soggetto obbligato non necessariamente nel datore di lavoro, potendo essere, come nella specie, un ente erogatore di pensione, ovvero il conduttore di un immobile di proprietà del coniuge onerato; tuttavia tale terzo, pur dovedo essere individuato esattamente, non è parte del procedimento, con la conseguenza che, qualora egli si rifiuti di adempiere, resta a carico del coniuge promuovere, nelle forme ordinarie, giudizio di accertamento del debito. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 22-04-2013, n. 9671)

ACCORDI TRA CONIUGI IN OCCASIONE O IN VISTA DELLA SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO

Accordi tra coniugi in occasione o in vista della separazione e del divorzio – Dichiarazione di addebito – Precedente accordo patrimoniale – Invalidità

La consegna o un prestito di denaro tra coniugi avviene generalmente nella riservatezza della vita familiare (sentenza 28 maggio 2009, n. 12551); non c’è nessuna norma imperativa che impedisca ai coniugi, prima o durante il matrimonio, di riconoscere l’esistenza di un debito verso l’altro e di subordinarne la restituzione all’evento, futuro ed incerto, della separazione coniugale. Non si tratta neppure di un contratto atipico – rispetto al quale sorgerebbe l’obbligo di verificare la sussistenza di un interesse meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma 2, – perché la condizione è stata apposta, come si è detto, ad un contratto di mutuo. L’accordo non è neppure un inammissibile patto prematrimoniale ma un lecito contratto di mutuo soggetto a condizione sospensiva (Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-08-2013, n. 19304)

Separazione e divorzio – Accordi tra coniugi in occasione o in vista della separazione e del divorzio – Dichiarazione di addebito – Precedente accordo patrimoniale – Invalidità

L’accordo, di natura negoziale, avente ad oggetto la regolamentazione dei rapporti economici tra i coniugi all’esito di una fase critica del rapporto coniugale non può essere considerato vincolante in sede cdi separazione nel caso in cui si sia in presenza di una dichiarazione di addebito. Le conseguenze patrimoniali ad esse ex lege riconducibili (art. 156 c.c., commi 1 e 3) inducono ad escluderne radicalmente la vincolatività. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 08-05-2013, n. 10718)

Separazione e divorzio – Accordi tra coniugi in occasione o in vista della separazione e del divorzio – Accordo prematrimoniale (scrittura privata) avente ad oggetto il trasferimento di un immobile in luogo della restituzione di somme – Condizionato al fallimento del matrimonio – Liceità

E’ valida ed efficace la scrittura privata, sottoscritta dai nubendi prima della celebrazione del matrimonio, con la quale questi abbiano stabilito che, in caso di fallimento, ovvero separazione o divorzio, l’uno cederà all’altro un immobile di sua proprietà, quale indennizzo delle spese sostenute per la ristrutturazione di altro immobile da adibirsi a casa coniugale. Ed infatti, si tratta di un impegno negoziale, una sorta di datio in solutum che viene collegato alle spese affrontate da uno dei coniugi per la sistemazione di un immobile adibito a casa coniugale. In tale accordo, dunque, il fallimento del matrimonio non viene considerato come causa genetica dell’accordo, ma è degradato a mero evento condizionale. In definitiva, si tratta di un accordo tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo peraltro alla categoria degli accordi prematrimoniali in vista del divorzio (che intendono regolare l’intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante) e caratterizzato da prestazioni e controprestazioni tra loro proporzionali. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 21-12-2012, n. 23713)

ACCORDI PER IL TRASFERIMENTO DEI BENI

Separazione e divorzio – Accordi tra coniugi per il trasferimento di beni – Trasferimenti immobiliari

L’accordo tra coniugi in sede di separazione che prevede il trasferimento di immobili anche ai figli ha natura solutoria e non necessita della forma prevista per le donazioni. L’obbligo di mantenimento dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti, può essere adempiuto dai genitori in sede di separazione personale o divorzio (id est: di cessazione degli effetti civili del matrimonio) mediante un accordo, il quale, anziché attraverso una prestazione patrimoniale periodica, od in concorso con essa, attribuisca o li impegni ad attribuire ai figli la proprietà di beni mobili od immobili, e che tale accordo non realizza una donazione, in quanto assolve ad una funzione solutoria – compensativa dell’obbligazione di mantenimento, in quanto costituisce applicazione del principio, stabilito dall’art. 1322 c.c., della libertà dei soggetti di perseguire con lo strumento contrattuale interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. (Cass. civ. Sez. II, Sent., 23-09-2013, n. 21736)

Separazione e divorzio – Accordi tra coniugi in vista della separazione e del divorzio – Accordi tra i coniugi per la sistemazione dei rapporti economici – Natura 

Le attribuzioni di beni mobili o immobili disposte, nell’ambito degli accordi di separazione personale, da un coniuge in favore dell’altro rispondono, di norma, ad un intento di sistemazione dei rapporti economici della coppia che sfugge, da un lato, alle connotazioni di una vera e propria donazione (di per sé estranea ad un contesto caratterizzato dalla dissoluzione delle ragioni dell’affettività), e dall’altro a quelle di un atto di vendita (non fosse altro che per l’assenza di un prezzo corrisposto), e svela, dunque, una sua tipicità, che può colorarsi dei tratti propri dell’onerosità o della gratuità a seconda che l’attribuzione trovi o meno giustificazione nel dovere di compensare e/o ripagare l’altro coniuge del compimento di una serie di atti a contenuto patrimoniale, anche solo riflesso, da questi posti in essere nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale.(Cass. civ. Sez. I, Sent., 10-04-2013, n. 8678)

ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE

Separazione e divorzio – Accordi tra i coniugi per il trasferimento di beni – Assegnazione casa coniugale – Diritto di godimento collegato alla mera convivenza con il figlio maggiorenne a prescindere dalla raggiunta autonomia economica – Liceità

Il giudice deve tener conto degli accordi intervenuti tra i coniugi sul godimento della casa familiare ed è pertanto fondata l’impugnazione della sentenza con la quale il giudice abbia rigettato la richiesta di assegnazione della casa familiare per aver raggiunto il figlio maggiorenne convivente l’autosufficienza economica, quando per gli accordi intercorsi in sede di separazione è stato attribuito al coniuge il diritto a godere l’abitazione fino a quando fosse durata la convivenza con il figlio maggiorenne, a prescindere dalla raggiunta autonomia economica. (Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-01-2012, n. 387)

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