Maltrattamenti in famiglia e violenza sulle donne: come difendersi

Lo spunto per l’articolo di questo mese mi è stato fornito dalla sig.ra Tizia (nome di fantasia, per doveroso rispetto della privacy), la quale si è rivolta al nostro Studio dopo aver subìto maltrattamenti dal marito. La frequenza, infatti, con cui i media ci consegnano resoconti e notizie su casi di violenza domestica, e sulle donne in particolare, è sintomo di un fenomeno che non sembra volersi placare. Il reato di maltrattamenti in famiglia è disciplinato dall’articolo 572 del codice penale: che cosa si intende per maltrattamenti? La Corte di Cassazione ha stabilito che “perché sussista il reato di maltrattamenti in famiglia occorre che sia accertata una condotta, consistente in aggressioni fisiche e vessazioni o manifestazioni di disprezzo abitualmente lesiva dell’integrità fisica e del patrimonio morale della persona offesa, che a causa di ciò versa in una condizione di sofferenza” (sentenza 46196/2011). Come si può intuire, il reato di maltrattamenti si configura se gli atti che ledono la vittima sono molteplici e continuativi. Diversamente, potrebbero configurarsi altri tipi di reato come: percosse, lesioni personali, ingiurie o minacce. Cosa può fare una donna, che, leggendo queste righe, capisca di essere in una situazione del genere? Prima di tutto non deve avere timore nel denunciare tali episodi alle forze dell’Ordine, anche al fine di tutelare, eventualmente, i figli minori. È allo stesso modo importante che la vittima prenda contatti con un avvocato: quest’ultimo potrà assisterla nel procedimento penale, svolgendo all’occorrenza investigazioni difensive, e promuovendo la costituzione di parte civile nel processo. Ma soprattutto potrà attivare e coinvolgere altri specialisti (psicologi o assistenti sociali) al fine di garantire alla vittima di maltrattamenti un’assistenza a 360 gradi. Un ultimo importante spunto di riflessione: secondo la Corte di Cassazione, sez. III, sent. 17.01.2013 n. 2328 “il reato di maltrattamenti peraltro può sussistere anche quando la convivenza sia cessata e quindi anche dopo la separazione dei coniugi, che lascia integro il dovere di rispetto reciproco, di assistenza morale e materiale, di solidarietà nascenti dal rapporto coniugale”.

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